L’arte del “non fare”: imparare a far riposare corpo e mente per scoprire la bellezza di Essere.
Da alcuni decenni, la gran parte di quelli che ho conosciuto nella mia vita ora cinquantenne, ho notato diffusa la credenza che stare senza far nulla sia o inattuabile o addirittura disdicevole, quasi il segno dell’avere un qualche problema del tipo che non si è abbastanza capaci, non si è sufficientemente prestanti, non si hanno ambizioni degne, eccetera.
Il paradosso che se ne ottiene è la diffusione di uno stato costante di stress da cui sembra impossibile uscire e al contempo il desiderio crescente di potersi permettere l’ozio assoluto.
In questo ambito, a guardarsi intorno si incontra molto spesso la volpe narrata da Esopo: desiderosa dell’uva, incapace di raggiungerla e dunque autogiustificata dal concludere che l’uva è acerba. Mia nonna avrebbe commentato con un sommesso “mai contenti!” e avrebbe proseguito nella sua operosità.
Nei miei studi ho incontrato una definizione più tecnica di quel “mai contenti” quando ho letto la spiegazione di “dissonanza cognitiva” ovvero uno stato emotivo insoddisfacente causato dal fatto che i pensieri e i comportamenti sono in conflitto tra loro. L’esigenza di eliminare il disagio che ne consegue, ovvero una infelice opinione di sé, produce una serie di scuse e lamentele che rafforzano l’idea di non avere alternative e che la cosa più intelligente da fare sia perseverare nell’atteggiamento deludente.
Tra le scuse più gettonate ci sono frasi del tipo “c’è troppo da fare a star dietro a tutto”, “ci vorrebbero le giornate da 48 ore perché non resta mai il tempo per sé”, “non si può prendere tempo perché non va avanti nulla”, e via così. Ciò che si giustifica, cercando non faccia troppo male, è che non si riesce ad occuparsi di se stessi, del proprio stare bene. Si è invece sempre di corsa nell’affannato tentativo di trovare la quadra dove ciò che abbonda è mancanza di autostima.
Gli obiettivi che ci si pone, sia a breve che a lungo termine, spesso sono “aspettative mascherate”, ovvero necessità di riuscire a corrispondere ad una tipologia di persona e di vita che ci si è posti come finalità senza mai aver dedicato a se stessi un minimo di ascolto per comprendere se il modello ambito abbia qualcosa a che vedere con le proprie naturali propensioni. Il risultato è che le corse affannose incrementano lo stress e proporzionalmente anche l’alienazione da sé e dal godersi la vita.
Porre fine allo sforzo perpetuo e scoprire che il tempo è solo una unità di misura e che si può anche restare parte della propria giornata senza scadenze a cui vincolarsi, significa darsi un nuovo appuntamento! Quello con se stessi, col proprio respiro, con quell’ozio che, se ce lo permettiamo, può divenire un eccezionale strumento di produttività.
Uscire dall’ansia di fare per dimostrarsi e dimostrare di essere qualcuno, può regalare un risparmio energetico incredibile nonché lo spazio attraverso il quale la natura di cui siamo fatti ne approfitta per rigenerarsi e sbocciare di rigogliosa creatività e vitalità.
Scegliere di investire sulla propria consapevolezza può suonare impopolare in un primo momento, così come difficile da mettere in pratica, ma in men che non si dica apre ad una nuova disponibilità verso se stessi e diventa una fonte di energia con cui creare benessere psicofisico e qualità di vita.